Le dichiarazioni del sottosegretario al Welfare Michael Martone (chi si laurea a 28 anni è uno sfigato, ndr ) ci fanno rivivere per un istante quel linguaggio di brunettiana memoria che speravamo  fosse di dominio del passato. Ma forse il prof. Martone è stato frainteso come è accaduto anche ad altri in passato. Sicuramente quel termine voleva intendere la sfiga, la iella, la sfortuna che vive una generazione intera di studenti che deve fare i salti mortali per permettersi un’istruzione universitaria nel nostro Paese. Ed infatti si corregge, si scusa per la poco sobrietà ma ribatte ponendo ancora una volta il problema che i giovani italiani si laureano troppo tardi. Verrebbe spontaneo dare al prof. Martone dell’ignorante, non nel senso dispregiativo comunemente utilizzato, ma nel senso di conoscere poco e male la realtà sociale giovanile e il sistema pubblico d’istruzione universitaria italiano ed europeo. Il linguaggio è parte fondamentale della cultura formativa di questo Paese, ancora una volta un esponente politico di un governo ha perso l’ennesima occasione di insegnare, di essere un esempio educativo, di comportarsi “responsabilmente”. Ma torniamo sui contenuti. In Italia si arriva alla laurea in età troppo avanzata rispetto all’Europa? Rischiamo di essere poco competitivi sul mercato? L’ennesimo stornello in salsa liberista non può essere liquidato con qualche battuta, non si può non affrontare con estrema serietà un dibattito italiano ed europeo sulla formazione e sulla conoscenza tutto da reinventare e rilanciare. La strategia di Europa 2020 parla chiaro: il 40% dei giovani italiani deve laurearsi. E’ un obiettivo, un traguardo. L’importanza del livello dell’istruzione è un capitale molto prezioso, un volano per lo sviluppo. Purtroppo in Italia soltanto poco meno del 20% di giovani ha conseguito un titolo di studio universitario. Inoltre se analizziamo lo studio prodotto da Almalaurea notiamo come tra i 110.000 laureati del 2010, l’età della laurea è pari, in media, a 25,9. E se consideriamo chi si è immatricolato entro i 19 anni di età la media scende a 23,9 anni. Ed infine se analizziamo chi si laurea “fuori corso” l’indagine ci consegna un quadro altrettanto chiaro: il 10% dei laureati del 2010 sono studenti lavoratori e concludono gli studi intorno ai 30 anni. Beh, caro prof. Martone i conti proprio non tornano. Non è vero che ci si laurea tardi in Italia e anche se fosse, il problema vero è che ci vorrebbero comunque molti più laureati. Continuiamo ad analizzare brevemente qualche dato. Il rapporto dell’ISTAT “Noi Italia. 100 statistiche per capire il paese in cui viviamo” dimostra un altro dato inconfutabile: in’Italia l’incidenza della spesa sul PIL in istruzione e formazione è pari al 4,8%a fronte di una media europea pari al 5,6%. Ancora una volta al posto di guardare la luna, si preferisce focalizzarsi sul dito. Ed ancora una volta quel senso ipocrita nel parlare di Europa soltanto quando si deve profetizzare il verbo della competitività a tutti i costi, è una costante logorante. Caro prof. Martone le conosce queste statistiche? Lo sa che in alcuni Paesi dell’Unione Europea l’università è gratuita? Ha mai sentito parlare di diritto allo studio? E di long life learning? E siccome lei è il sottosegretario al Welfare, è a conoscenza dell’arretratezza rispetto al resto d’Europa del nostro sistema di ammortizzatori sociali, garanzie e diritti di cittadinanza?  Ha sentito il Ministro Fornero dichiarare che l’Italia insieme a Grecia e Ungheria sono gli unici Paesi in Europa a non avere alcuna forma di reddito minimo garantito? Evidentemente le questioni imminenti da affrontare e risolvere con urgenza nel nostro Paese ci sono e son tante. Non ci si nasconda dietro alle solite strumentalità. Forse l’Italia merita di essere un paese “sfigato” a vita?