Ordine del Giorno del Direttivo della FLC CGIL Roma e Lazio del 20 luglio 2016

 Il percorso legislativo, che ha portato all’approvazione dell’ipotesi di modifica costituzionale, è stato caratterizzato da accelerazioni continue e da un eccessivo condizionamento del Governo, tutti tratti che mal si conciliano con la sensibilità democratica richiesta da interventi sulla Carta fondamentale. L’impropria polarizzazione che ha dominato il dibattito in Aula e che lo sta caratterizzando dall’esterno, ha raggiunto il suo apice con la dichiarata volontà di fare del referendum confermativo un banco di prova per l’operato complessivo del Governo. Una polarizzazione, questa, in totale contraddizione con lo spirito che dovrebbe caratterizzare ogni intervento di modifica costituzionale.

Il risultato di tale eccessiva e inopportuna polarizzazione sulla modifica costituzionale ha provocato l’assenza di un dibattito che affrontasse il merito delle proposte in discussione, oscurato da una sterile contrapposizione tra innovatori e conservatori, fiduciosi e disfattisti, che nulla dovrebbe avere a che vedere con il dichiarato intento di aggiornare l’architettura istituzionale della Repubblica.

La discussione sull’ipotesi, pur da più parti auspicata, di superare il bicameralismo perfetto e l’obiettivo di correggere le criticità della riforma del 2001, si sono tradotti in un’eccessiva centralizzazione dei poteri allo Stato.

Il nuovo Senato, per composizione e funzioni, non potrà svolgere il ruolo di luogo istituzionale di coordinamento fra Regioni e Stato, essenziale a conciliare le esigenze autonomistiche con quelle unitarie. Al Senato, infatti, non è attribuita adeguata facoltà legislativa in tutte le materie che hanno ricadute sulle istituzioni territoriali e la sua stessa composizione, non garantisce l’adeguata rappresentanza e rappresentatività di Regioni e autonomie.

In questo quadro al Governo è attribuita la facoltà di dettare l’agenda parlamentare, potendo porre in votazione a data certa i provvedimenti ritenuti essenziali senza vincoli quantitativi né di oggettività.

Un superamento del bicameralismo perfetto così delineato (unitamente al radicale mutamento del procedimento legislativo e alla centralizzazione delle competenze) attribuisce alla sola Camera dei Deputati e, quindi, al Governo, espressione del partito di maggioranza relativa, una facoltà di determinare le politiche pubbliche; questo avrebbe quantomeno richiesto l’introduzione di adeguati bilanciamenti e contrappesi, volti a garantire il perdurare dell’indispensabile equilibrio tra potere legislativo e potere esecutivo. Uno squilibrio aggravato dall’indebolimento degli organi di garanzia, la cui terzietà non è più assicurata dalle nuove modalità di elezione previste per la Presidenza della Repubblica, per i giudici costituzionali di nomina parlamentare e per i componenti laici del CSM.

La nuova formulazione del Titolo V, inoltre, mette in luce la volontà di disconoscere il valore del decentramento e il ruolo delle Regioni e delle istituzioni locali come istituzioni pubbliche centrali nel favorire lo sviluppo locale e l’unitarietà dei diritti sociali. L’indiscussa necessità di introdurre dei correttivi alla riforma varata nel 2001 alla luce dell’esperienza di questi anni si è tradotta in una centralizzazione delle competenze e in una riduzione dell’autonomia delle istituzioni territoriali (o alla loro cancellazione come nel caso della Province), restringendo il perimetro pubblico.

Le stesse modifiche relative agli strumenti di democrazia diretta contraddicono l’intenzione dichiarata dai proponenti di favorire la partecipazione dei cittadini: innalzamento delle firme necessarie a presentare leggi di iniziative popolari e limiti ulteriori per i referendum.

Le nuove disposizioni costituzionali delineano un restringimento degli spazi democratici in cui, all’intenzione dichiarata di dar voce alle istituzioni decentrate, si accompagna una centralizzazione statale delle competenze e dei poteri; alla dichiarata volontà di semplificare il procedimento legislativo, si risponde con procedure che lo rendono ancor più tortuoso e incerto; al dichiarato orientamento di dar voce ai cittadini, si risponde riducendo gli spazi di rappresentanza e intervenendo sugli strumenti di democrazia diretta e rendendoli di fatto più difficoltosi da praticare.

Il testo approvato si configura come una costituzionalizzazione dell’attuale prassi politica: invece di valutare attentamente l’ipotesi di eventuali aggiornamenti legati al passaggio da un sistema politico proporzionale ad uno in parte maggioritario, avvenuto nell’ultimo ventennio, al fine di valutare un nuovo equilibrio tra il principio di rappresentatività e di governabilità, si opera una modifica dell’assetto istituzionale che rafforza i poteri del Governo e della maggioranza, senza introdurre adeguati bilanciamenti, un rafforzamento che, combinato con una legge elettorale come l’Italicum produce una surrettizia modifica dell’ordinamento parlamentare.

La FLC CGIL Roma e Lazio valuta in modo negativo la proposta di modifica costituzionale perché introduce nella nostra Carta norme accentratrici verso i poteri del Governo e prive di contrappesi e la giudica come una lesione alla democrazia parlamentare, alla dialettica democratica tra governo, parlamento e autonomie locali.

Questo provvedimento di modifica costituzionale e il suo combinato disposto con la legge elettorale, costituiscono il naturale coronamento di un processo di centralizzazione e di riorganizzazione oligarchica dei poteri della pubblica amministrazione riscontrabile in modo esemplare nei comparti della conoscenza.

Dopo la legge 240 sull’università e la legge 107 sulla scuola, dopo la lesione alla libertà di ricerca e alla libertà di insegnamento contenuta nei diversi provvedimenti legislativi e ultimamente riproposte nelle deleghe legislative ulteriori in materia di ricerca e istruzione si chiude il cerchio di restringimento degli spazi di partecipazione, di democrazia, di collegialità.

La FLC CGIL Roma e Lazio ha contrastato con decisione in questi anni tutti i provvedimenti che hanno ristretto gli spazi di democrazia e partecipazione nelle scuole, nelle università, negli enti di ricerca; altrettanto, la FLC CGIL Roma e Lazio, in coerenza con le sue posizioni e le sue battaglie s’impegna a contrastare il disegno di modifica costituzionale, s’impegna a partecipare e a sostenere le ragioni del NO al referendum confermativo delle modifiche costituzionali attraverso proprie iniziative di sensibilizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori della conoscenza e partecipando alle iniziative, alle mobilitazioni e ai comitati unitari tanto a livello regionale che locale e/o di posto di lavoro.

 

Per la democrazia e per la libertà!