Venerdì 18 novembre le studentesse e gli studenti medi e universitari riprendono parola in piazza da Nord a Sud mettendo al centro delle loro rivendicazioni il diritto allo studio, una didattica inclusiva, una partecipazione diretta e democratica alle scelte strategiche di governo delle scuole e delle università.

Istruzione, ricerca e accesso ai saperi sono stati elementi programmatici totalmente dimenticati nella recente campagna elettorale. Il cambio di Governo con l’insediamento dei Ministri Bernini e Valditara al MUR e al MI, protagonisti assoluti della stagione di tagli e precarizzazione di scuole e università, porta già dai primi passi i segni di un’ulteriore stagione di continuità di politiche emergenziali e non strutturali, nonostante l’occasione dei fondi PNRR.

Le ricadute della pandemia e i costi economici e sociali che si porta dietro hanno allargato le diseguaglianze nell’accesso ai percorsi di studio e di ricerca indebolendo lo sviluppo e il rilancio del Paese improntati sull’innovazione e la qualità dei percorsi. La logica propagandistica del “merito” mostra ancora una volta la scarsa volontà di aggredire in radice le ragioni delle studentesse e degli studenti e del precariato della ricerca universitaria espressosi in questi anni e che ha visto nell’approvazione del DL 36/22 l’innestarsi di un processo di riforma del preruolo del reclutamento.

La progressiva diminuzione della platea studentesca universitaria, l’aumento delle tasse universitarie, la riforma delle classi di laurea, assenza di risorse adeguate con meccanismi distributivi premiali e non basati sul fabbisogno reale di didattica e di ricerca, precariato alle stelle in termini numerici.

L’università di fine 2022 sta vivendo un passaggio di procedure e regole di reclutamento senza un disegno organico di programmazione economico-finanziaria su cui dare gambe ai passaggi più avanzati del DL. L’inserimento all’ultimo secondo da parte del MEF del vincolo di spesa storica triennale per i nuovi contratti di ricerca rischia a tutt’oggi di depotenziare l’adozione della nuova tipologia contrattuale di natura subordinata rispetto all’assegno di ricerca, forma contrattuale di sfruttamento surrettizio di migliaia di ricercatori precari nei dipartimenti in questi anni.

Come discusso dalla FLC CGIL e da altre associazioni e movimenti alla scorsa assemblea nazionale “ReStrike” tenutasi presso il Dipartimento di Ingegneria alla Sapienza occorre dare gambe al nuovo contratto senza un’espulsione di massa degli attuali assegnisti che da anni portano avanti filoni di ricerca importantissimi e riconosciuti su scala nazionale e internazionale.

È necessario sin da subito bandire i concorsi riservati per assegnisti ed RTDA con tre anni di servizio previsto nel transitorio della riforma sulla nuova figura RTT, dispiegare le risorse triennali previste nella scorsa Legge di Bilancio sulle posizioni RTDB e prevedere un transitorio per attuali assegnisti sui fondi PRIN 2022 e le risorse del PNRR, abolendo in radice le borse di ricerca per evitare che questa forma sottopagata e senza tutele possa essere utilizzata quale forma di rapporto che vada a colmare la cessazione degli assegni.

La FLC CGIL è in campo per costruire attivazione delle precarie e i precari della ricerca universitaria nella mobilitazione di venerdì 18 novembre assieme alle studentesse e gli studenti, è necessario nelle prossime settimane costruire momenti di approfondimento e coinvolgimento su scala nazionale dei precari assieme a tutte le componenti universitarie con l’obiettivo di incidere sugli stanziamenti e sulle norme ordinamentali della Legge di Bilancio di dicembre.

Combattere il precariato, non le precarie e i precari!

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