Ricercatori PON AIM

Lunedì 9 novembre si è svolta, in modalità telematica, un’Assemblea Nazionale delle ricercatrici e dei ricercatori PON AIM che ha visto un’altissima partecipazione e un intenso dibattito in merito ad alcune tematiche preminenti dell’attuale quadro di contesto pandemico.

Alla discussione ha partecipato attivamente anche l’FLC CGIL Nazionale che ha contribuito a raccogliere i vari spunti di riflessioni integrandoli nel documento redatto a seguito di iniziative territoriali tenutesi a Lecce e Palermo. Dal dibattito è emerso come, a causa dell’insorgenza della seconda ondata pandemica che sta investendo diversi paesi, si siano accentuate le difficoltà per le ricercatrici e i ricercatori di trascorrere in sedi estera il periodo minimo di 6 mesi previsto in principio nei progetti. Le università e gli istituti di ricerca in tutto il modo stanno imponendo dei vincoli sempre più stringenti per i visiting researchers, rendendo spesso le trasferte inefficaci dal punto di vista scientifico se non del tutto impossibili dato che in alcuni casi gli enti ospitanti non hanno concesso affatto autorizzazioni di accesso. Alla luce di queste oggettive difficoltà, i ricercatori PON AIM hanno manifestato l’esigenza di prevedere la riduzione del periodo minimo di attività all’estero o l’assolvimento attraverso modalità alternative quali, per esempio, lo smart working (in analogia a quanto già fatto nel caso dei Dottorati Innovativi), a tutela della salute e della qualità delle attività di ricerca svolte.

Si è evidenziato, inoltre, come l’eventuale rivalersi sull’intero pacchetto stipendi del ricercatore qualora la realizzazione dei vari progetti di ricerca non sia in linea con i vincoli imposti nel bando e le università siano costrette a restituire il finanziamento ricevuto dal MUR, sia una clausola vessatoria e, per certi aspetti, incostituzionale, che penalizza oltremodo i ricercatori in questa particolare situazione di crisi pandemica. Essa, infatti, inserita all’interno del Disciplinare MUR, cambiato in corsa nell’ottobre 2019, metteva già a rischio la possibilità di accrescimento della carriera professionale nei percorsi di reclutamento, anche alla luce del prossimo piano di riparto da 3333 posizioni rtdB, emanato nello scorso Decreto Rilancio. Con la situazione di crisi pandemica in corso costringe i ricercatori a “fantasiose” rimodulazioni degli obiettivi dei vari progetti di ricerca per salvare il finanziamento ottenuto dalle università.

L’articolo continua sul sito della FLC CGIL.