Gianna Fracassi: Def insufficiente e in un contesto preoccupante

Stefano Iucci Quella che troveremo quest’anno è una scuola con problemi vecchi, ma anche nuovi, perché l’azione di questo governo ha finito per rendere ancora più ingarbugliati nodi non sciolti negli anni. Per non parlare della furia “riformatrice” del ministro Valditara che tenta di ridisegnare il nostro sistema d’istruzione con un disegno regressivo e sostanzialmente in contrasto con la Costituzione. Gianna Fracassi, segretaria generale della FLC CGIL, fa il punto con Collettiva su ciò che bisogna aspettarsi dall’anno scolastico 2024-25 e su quali saranno le battaglie più importanti che il sindacato metterà in campo. “Tra i problemi vecchi, ma c’è stato addirittura un peggioramento, c’è quello della precarizzazione del nostro sistema d’istruzione. Quest’anno tra docenti e personale ATA avremo ben 250 mila posti a tempo determinato. Una cifra enorme: quasi un quarto del personale”. Una situazione che va avanti da anni, perché parli di peggioramento? Innanzitutto per la scelta politica del ministro di non aver autorizzato immissioni in ruolo per tutti i posti disponibili. Ne sono stati infatti accantonati ben 20.000 per il personale docente. Il risultato è che i vincitori del concorso 2020 e anche di quello del 2023 si troveranno in una situazione paradossale: i posti ci sono ma queste persone non possono essere assunte. Per il personale ATA stiamo ancora peggio: le immissioni in ruolo sono state su un terzo dei posti disponibili. Perché questo accantonamento? Perché Valditara intende fare un altro concorso a ottobre: si indicono concorsi su concorsi, creando delle aspettative che poi vengono deluse. Con situazioni assurde, visto che il concorso del 2023 non si è ancora neanche concluso. Per questo abbiamo chiesto al ministro di fermarsi con le prove finché non sono stati assorbiti i vincitori delle due precedenti. Scriveremo anche alla Commissione europea proprio per segnalare questa situazione paradossale, così come abbiamo fatto con tutti i parlamentari nel mese di agosto. Ovviamente siamo in campo anche con le mobilitazioni insieme al personale precario. Particolarmente odiosa per la delicatezza del ruolo svolto la situazione dei precari del sostegno… I posti vanno stabilizzati: abbiamo ormai strutturalmente oltre 100.000 posizioni in deroga che vengono ricoperte da precari. Tutto questo al netto della presunta riforma di Valditara che abbiamo pesantemente contestato, e cioè il gradimento delle famiglie per il docente di sostegno. In queste settimane sulla stampa sono emerse vicende vergognose che riguardano un vero e proprio mercimonio di titoli per l’insegnamento, anche sul sostegno, e di certificazioni varie, a partire da quelle linguistiche. Cosa ne pensi? Tutto il male possibile, ovviamente. Abbiamo avviato una campagna di contrasto a questa mercificazione. Ci giungono segnalazioni di vicende gravissime, non solo titoli acquistati all'estero, ma anche in Italia, e tra l’altro a prezzi altissimi. Il tutto senza selezioni in ingresso, tirocini, esami finali. Un mercimonio illegale, di bassissima qualità, che deve essere debellato e in cui si sono buttate a capofitto alcune università telematiche, proponendo persino saldi estivi per acquisire i crediti formativi necessari per l'abilitazione all'insegnamento addirittura in due settimane, il che vuol dire che ogni giorno sarebbe dovuto durare 44 ore. Se mi passi una battuta, è uno schema da “10 chili in sette giorni”. Cosa state facendo per contrastare questa deriva che rappresenta anche una minaccia alla qualità della scuola? Ci siamo rivolti ai ministri competenti. Abbiamo scritto a Valditara riservatamente per segnalare il caso di una scuola paritaria che, in accordo con un’agenzia formativa, vendeva certificazione false. Poi abbiamo scritto a Bernini e sempre a Valditara per denunciare quei “saldi estivi” di cui ti parlavo. La scorsa settimana siamo usciti nuovamente stigmatizzando l'inerzia dei due ministri e denunciando ancora situazioni gravissime e la mancanza assoluta di verifiche e controlli. Ma non ci è arrivata nessuna risposta, nonostante le crociate del ministro contro i diplomifici che comunque andrebbe allargata anche a quei soggetti che rilasciano certificazioni. Al di là del fatto che i controlli vanno aumentati, cosa proponete voi per eliminare questa piaga? Secondo noi il modello va cambiato: i titoli devono essere rilasciati esclusivamente da scuole e università pubbliche. Altre novità di quest’anno sono le varie riforme con cui il governo sta provando a cambiare la scuola italiana dalle fondamenta. Sì, e partirei dalla sperimentazione della filiera tecnologica-professionale, il 4+2, che è stata bocciata in primis dai collegi docenti e poi delle famiglie, ma che purtroppo è diventata legge. Auspichiamo che questa riforma continuerà a trovare una forte resistenza nelle scuole perché ha un’impostazione che predispone all'autonomia differenziata. Dal punto di vista ideologico e culturale è quanto di più lontano da quello che serve ai ragazzi e alle ragazze. È infatti finalizzata esclusivamente all'addestramento e non alla formazione. E il liceo del Made in Italy va nella medesima direzione. Durante i mesi estivi il ministro ha anche licenziato le nuove linee guida per l’educazione civica. Anche queste le avete pesantemente contestate. Perché? Perché si fondano su di un approccio ideologico e arretrato. E che tra l'altro tenta di fare un'operazione di disconoscimento di alcuni valori fondamentali della Costituzione. In che senso? Nel senso che, ad esempio, il lavoro viene declinato esclusivamente rispetto all’impresa. L’enfasi posta sulla personalizzazione e sull’individuo prevale sull'azione collettiva e sociale, che è l’opposto rispetto all'approccio della nostra Carta, basti pensare ai primi articoli. In quel testo poi c’è una sola riga sulle questioni di genere, non c'è quasi nulla sulla transizione verde e poco o niente sull’inclusione. In sintesi si sceglie di rivedere il messaggio della Costituzione storpiandolo e finalizzandolo a un'impostazione tutta identitaria e localistica, con un'esaltazione ideologica dell'identità italiana e della patria a scapito dei grandi valori che la Costituzione esprime. E non è un caso, allora, che il Consiglio superiore della pubblica istruzione ha pesantemente bocciato le linee guida. L’anno scolastico inizia anche con un contratto di lavoro scaduto e con una proposta economica, 130 euro, che giudicate assolutamente insufficiente… Tutta questa retorica sulla scuola che avrebbe cambiato passo – e in fondo è vero: solo che è tornata indietro… – è infarcita con le continue dichiarazioni del ministro sulla necessità di restituire autorevolezza agli insegnanti. Quello che Valditara non dice è che non ha risorse per dare una risposta adeguata all'inflazione del triennio 22-24: si propone infatti un aumento del 5,78% a fronte di un'inflazione arrivata al 18%, cioè il triplo di quanto proposto. Omettendo di dire, tra l’altro, che la metà di quella cifra è già stata corrisposta lo scorso dicembre, con quello che abbiamo definito “pacco di Natale”, per un po’ di consenso elettorale. Cosa intendete fare? Vanno stanziate più risorse nei prossimi provvedimenti di bilancio. Se questo non accadrà e se verificheremo che addirittura si prospettano nuovi tagli, come è accaduto lo scorso anno col dimensionamento scolastico, avvieremo lo stato di agitazione del personale che avrà al suo centro anche il contrasto alla precarietà e all'autonomia differenziata. Noi ci siamo, non siamo mai andati in ferie e in estate ci siamo impegnati a fondo per raccogliere le firme per il referendum contro l’autonomia differenziata. Il 29 agosto in tutte le province abbiamo riunito le nostre RSU riscontrando una risposta importante del personale, e continueremo fino all’ultimo giorno utile perché pensiamo che il disegno dell'autonomia differenziata sia quanto di più pericoloso possa esserci per la scuola italiana e per la democrazia del nostro Paese.

“Il Def delinea un quadro di misure non sufficiente rispetto alla situazione economica che si è venuta a creare con il doppio impatto pandemia e guerra, e rischia di scaricarsi sui lavoratori, sui pensionati e sulle fasce più deboli della popolazione. Le misure non sembrano coerenti con ciò che il Paese è chiamato ad affrontare”. Così la vice segretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi, oggi in audizione presso le Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato in merito all’esame del Documento di economia e finanza 2022.

Il Def secondo la dirigente sindacale si inserisce in un contesto macroeconomico “preoccupante” caratterizzato “dal rallentamento della crescita, da livelli record di precarietà” e, aggiunge, “dalla variazione delle retribuzione lorde dove rispetto all’incidenza dell’inflazione si prevede scientemente una perdita del potere di acquisto per i quattro anni considerati. Riteniamo che l’indice IPCA, così come oggi viene determinato, non sia indicativo per costruire una stagione contrattuale che restituisca alle persone il costo della vita. Da questo punto di vista occorre un intervento fiscale per sostenere i contratti nazionali oltre ad una legge sulla rappresentanza”.

Sul versante finanza pubblica Fracassi sottolinea: “c’è uno scarto tra l’indebitamento netto del 2021 e quello effettivamente contabilizzato, che lascia un nuovo margine di manovra, vorremmo capire come verranno spese queste risorse”. Risorse che per la vicesegretaria generale della Cgil “non sono comunque sufficienti per rispondere all’emergenza sociale che rischia di penalizzare le classi più vulnerabili. Per questo riteniamo sia necessario un ulteriore scostamento di bilancio”.

“Inoltre, nel Def si anticipa una stretta sulla spesa pubblica che pone alcune questioni: dal rinnovo dei contratti pubblici, che non può compiersi attraverso la revisione della spesa, alla realizzazione degli investimenti previsti dal Pnrr, alla attuazione di alcune riforme sulle quali il Governo ha preso degli impegni, come pensioni, finanziamento della legge sulla non autosufficienza, livelli essenziali delle prestazioni. Senza un aumento della spesa pubblica quegli impegni saranno lettera morta”. Altra riforma ritenuta “indispensabile” è quella fiscale “ma – avvisa Fracassi – non ci sembra si vada verso un maggior intervento progressivo per lavoratori e pensionati”.

Inoltre, prosegue Fracassi “manca un quadro governato delle politiche industriali ed energetiche per affrontare la fase di emergenza e la transizione: per questo abbiamo proposto sia una Agenzia per lo sviluppo che una Cabina di regia tra Governo, imprese, sindacati sui temi energetici e sulla transizione. È ovvio che ci sono anche decisioni europee che vanno assunte, a partire da uno strumento finanziato da condivisione del debito finalizzato all’emergenza che stiamo attraversando, così come è stato, almeno parzialmente, per in Next Generation”.

“Riteniamo che oltre agli interventi in deficit questo sia il momento della solidarietà. Pensiamo occorra intervenire attraverso un allargamento della tassazione sugli extra profitti, ovviamente c’è necessità di rivedere le regole del mercato energetico e introdurre maggior selettività e condizionalità nell’attribuzione delle risorse a partire dalla tenuta occupazionale. L’altro terreno è quello di un contributo di solidarietà per le grandi ricchezze e i grandi patrimoni almeno sopra il milione di euro, credo – conclude Fracassi – che da questo punto di vista sarebbe un segnale”.

Roma – 12 aprile 2022

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