Formazione obbligatoria al CNR: 40 ore all’anno, ma per migliorare cosa?

Formazione obbligatoria al CNR: 40 ore all’anno, ma per migliorare cosa?

Con la circolare n.12 del 20 aprile 2023, il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha deciso di applicare la Direttiva del Ministero della Funzione Pubblica, che stabilisce l’obbligo di 40 ore di formazione annuale per tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione. Tra gli strumenti indicati, figura anche il portale Syllabus. In sostanza, tutto il personale del CNR è ora tenuto a svolgere obbligatoriamente questo monte ore formativo, senza distinzione di mansioni o profili professionali.

Una scelta che ha sollevato forti dubbi da parte della FLC CGIL, che ha subito espresso perplessità rispetto a un’impostazione uniforme e poco aderente alla realtà di un Ente di Ricerca come il CNR, dove le competenze richieste e le attività svolte sono ben diverse da quelle di un ufficio amministrativo qualsiasi.

La questione è tornata d’attualità con la circolare n.17 del 10 aprile 2025, nella quale l’Amministrazione ha diffuso una nuova direttiva dell’Unità Formazione e Welfare. Anche in questo caso, il documento ricalca in maniera quasi integrale la Direttiva ministeriale del 16 gennaio 2025, confermando così un approccio standardizzato e distante dalle esigenze reali del personale scientifico e tecnico.

È chiaro il divario tra chi dirige l’Ente e chi vi lavora quotidianamente sul campo: i dirigenti sembrano ignorare le dinamiche reali della formazione nel mondo della ricerca. I percorsi formativi nel CNR non solo esistono, ma fanno parte integrante dell’attività lavorativa quotidiana, in modo spesso non formalizzato ma altamente qualificante.

Inoltre, secondo quanto riportato dalla delibera ministeriale, le 40 ore annue devono equivalere a una settimana lavorativa di formazione a partire dal 2025. Un dato che contrasta con quanto previsto dal CCNL Ricerca, dove le settimane lavorative standard sono di 36 ore. Al CNR, quindi, si andrà oltre il minimo previsto, senza una reale valutazione dell’utilità o della coerenza della formazione proposta.

Il vero nodo sembra emergere chiaramente: non si tratta tanto di quale formazione serva davvero ai lavoratori, ma di quanta formazione sia sufficiente per soddisfare gli indicatori di performance dei dirigenti. La direttiva specifica infatti che promuovere la formazione è un obiettivo misurabile per ogni dirigente pubblico.

Ancora una volta, quindi, la Direzione del CNR ha scelto di seguire pedissequamente le indicazioni ministeriali, senza rivendicare quella autonomia che la legge 218 del 2016 riconosce espressamente alla Ricerca Pubblica.

La FLC CGIL ribadisce la necessità di un cambio di rotta. È fondamentale che i Vertici dell’Ente riconoscano la peculiarità e il valore delle attività svolte da Ricercatori, Tecnologi, Tecnici e Amministrativi. Si tratta di personale che si aggiorna costantemente, trasferendo competenze e conoscenze nel proprio lavoro quotidiano, spesso ben al di là di qualsiasi obbligo formale.

L’auspicio del sindacato è che il CNR non si limiti ad applicare direttive generaliste, ma si impegni a valorizzare la Ricerca Pubblica per ciò che è, con strumenti adatti, coerenti e realmente utili alla crescita delle professionalità che la compongono.

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