Il Comitato Tecnico Scientifico di Proteo Fare Sapere Roma e Lazio, composto da persone che appartengono al mondo della scuola, dell’università e della cultura, sente e ritiene necessario di dover condividere alcune riflessioni in merito a questioni che stanno segnando l’attualità del nostro Paese.


La prima questione concerne il ripristino dei voti sotto forma di giudizi sintetici nella Scuola Primaria, provvedimento adottato con un emendamento presentato dal Governo nella seduta della Commissione cultura e istruzione del Senato del 7 febbraio 2024, nel corso dell’esame del DDL relativo al voto in condotta. Un vero e proprio colpo di mano, tale per cui i “giudizi descrittivi” introdotti con l’OM 172 del 2020 saranno sostituiti da “giudizi sintetici”. In tal senso, facciamo nostri i contenuti del
comunicato firmato da AIMC, ANDIS, CEMEA, CIDI, Legambiente scuola e formazione, MCE, Proteo Fare Sapere Nazionale, UCIIM, FLC-CGIL e CGD.
In questa sede, inoltre, ci sembra doveroso stigmatizzare le labili motivazioni alla base di questa azione insensata dal punto di vista pedagogico, ossia che tali giudizi sintetici risulterebbero più chiari
per le famiglie e renderebbero più trasparenti le procedure di valutazione per gli studenti. Insensata in quanto, è bene sottolinearlo, non solo perché stiamo parlando di bambine e di bambini della scuola primaria, ma anche per l’assenza di giustificazioni sul piano scientifico. Del resto, in altri ambiti, come quello sanitario o economico, le indicazioni degli studiosi di settore, com’è giusto che sia, divengono riferimenti da prendere seriamente in considerazione, mentre lo stesso non vale per le indicazioni che le
scienze dell’educazione offrono in relazione all’insegnamento, all’apprendimento, all’inclusione e alla valutazione. Non a caso, il vero intento del Governo è divenuto piuttosto palese in questi giorni con la
proposta, lanciata dal Ministro Valditara, di introdurre tra i giudizi sintetici quello di “gravemente insufficiente”. Si tratta di una vera e propria aberrazione pedagogica (che infatti pedagogica non è), della quale (nella più o meno disattenzione generale) si sono accorti anche esponenti del mondo della cultura. Ringraziamo per questo, ad esempio, Fabio Fazio per le sue riflessioni, ricordando però a tutti noi che la questione del gravemente insufficiente è in realtà la pagliuzza, mentre la trave è il ritorno/ricorso al voto, anche in condotta: un voto che categorizza ma non informa, con una visione della scuola come caserma, in cui occorre tornare a valutare per controllare e punire per dar manforte alle richieste della componente più retriva del nostro Paese (che, ahinoi, annovera anche persone che si definiscono “intellettuali” o “di sinistra”), quella abituata cioè a invocare a gran voce il ritorno alla scuola “seria e rigorosa” che, immancabilmente, corrisponde a quella che riproduce e legittima le
disuguaglianze.


Ed è proprio con riferimento alla corrispondenza di amorosi sensi tra questa componente dell’opinione pubblica italiana e l’attuale esecutivo che rivolgiamo l’attenzione riguardo alla seconda questione, che potremmo titolare: Galli della Loggia chiama, Valditara prontamente risponde.
Si fa riferimento all’intervista rilasciata dal Ministro del MIM al quotidiano Libero, il 29 febbraio 2024, nella quale, promuovendo il suo recente libro La scuola dei talenti ed evocando alcune realtà europee, egli ha suggerito l’introduzione di classi di transizione per (come recita il titolo dell’intervista)
aiutare i migranti. L’idea è quella che ciascun istituto scolastico misuri il livello di conoscenza della lingua italiana per stabilire il percorso per ogni alunno con retroterra migratorio. La proposta di Valditara, che ha giustamente suscitato la reazione del mondo della scuola (o, almeno di una sua parte) e di alcuni partiti e movimenti politici, è espressione di una visione antica della destra italiana, soprattutto della Lega, rispetto alla presenza degli studenti stranieri nel nostro Paese, che risale almeno alla
proposta delle classi di transito presentata nel 2008 nella cosiddetta Mozione Cota (dal nome dell’allora primo firmatario Roberto Cota, esponente della Lega Nord e consultabile qui: http://dati.camera.it/ocd/aic.rdf/aic1_00033_16). Nonostante il tentativo di chiarimento rilasciato dal Ministro a seguito delle critiche ricevute (con l’ormai tipico ricorso al vittimismo: Spiace vedere le mie parole così gravemente e strumentalmente fraintese), appare chiaro il disegno del Governo rispetto a chi
diverge, non si conforma o contesta una certa idea di ordine costituito. In altre parole, sono ormai molti gli indizi (e, si sa, tre indizi fanno una prova) a far temere che si stia prefigurando (sotto altre forme e con altri nomi) il ritorno alle classi differenziali e che quelli ai quali stiamo assistendo (l’intervista a Galli Della Loggia come l’esternazione del Ministro) non siano altro che approcci strategici per saggiare e preparare il terreno. Anche perché, ci è sufficientemente chiaro, la reintroduzione dei voti così come la
proposta di separare gli studenti stranieri con gravi deficit linguistici o gli allievi con gravi deficit intellettivi e/o relazionali, è una prospettiva che non dispiace a una parte del mondo della scuola e della società. Una considerazione che ci addolora, ma che, nondimeno, impone una riflessione, con la consapevolezza che questa componente del nostro tessuto sociale preferisce opportunisticamente indirizzarsi verso ciò che risulta facile (marginalizzare chi è più vulnerabile), piuttosto che agire (con
impegno e fatica) per trasformare ancora di più in senso inclusivo, quindi democratico, la nostra scuola e la nostra società.


A proposito della distinzione tra ciò che è giusto e ciò che è facile (cara all’Albus Silente di harrypottiana memoria), introduciamo la terza questione oggetto della nostra riflessione che concerne la formazione dei docenti della scuola secondaria e, in particolare, la riforma disegnata dalla legge 79 del 29 giugno 2022, attuata dal DPCM 4 agosto 2023 (Definizione del percorso universitario e accademico di formazione iniziale dei docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, ai fini del rispetto degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza), pubblicato sulla G.U. in data 25 settembre 2023. Parliamo di giusto e facile, perché un’azione di indirizzo della formazione iniziale dei docenti secondari era indubbiamente necessaria (quindi giusta) soprattutto dopo la triste fine, cioè la mancata attivazione, del FIT e la sola sopravvivenza dei 24 CFU. Tuttavia, al giusto si è presto contrapposto il facile, anche perché (come non ha mancato di evidenziare con la consueta accuratezza Carlo Cappa in un articolo apparso su Domani il 3 febbraio 2024 con il titolo Il regalo alle università online? Per gli aspiranti insegnanti è un altro vicolo cieco) il dispositivo normativo predisposto dall’allora Governo Draghi, certamente non privo di debolezze, è stato progressivamente svuotato di senso da parte dell’attuale esecutivo. Ciò è avvenuto, in sordina e nel silenzio generale, per mezzo della rimozione di
alcuni paletti cardine, come si evince clamorosamente nella fattispecie del percorso ex art. 13 del DPCM. Esso, riservato a chi ha già un’abilitazione o è in possesso della specializzazione per il sostegno, prevedeva in origine 20 CFU di insegnamenti erogati solo in presenza (nell’ambito delle metodologie e tecnologie didattiche applicate alle discipline di riferimento per la classe di concorso) e 10 CFU di tirocinio diretto a scuola con un impegno in presenza di almeno 12 ore per CFU (quindi 120 ore). Il
cambio di Governo e Ministri ha creato le premesse per una inversione di marcia a dir poco clamorosa: tale percorso riservato ai cosiddetti ingabbiati (già abilitati in altra classe o specializzati) è stato modificato radicalmente, consentendo che tutti gli insegnamenti siano erogati a distanza, senza alcuna verifica intermedia, ed eliminando il tirocinio. A ciò si aggiunga che questi percorsi sono stati svincolati dal reale fabbisogno regionale e nazionale, rendendoli, di conseguenza, difformi da tutti gli altri percorsi
previsti per le altre tipologie di corsisti. Non a caso, nel mese di febbraio, nell’accreditare i percorsi, il MUR non ha comunicato i posti disponibili, invitando gli interessati ad attivare solo i percorsi per gli ingabbiati. Si è fatto notare (anche Carlo Cappa nel citato articolo) come questa mossa (nel suo
complesso, perché anche in questo caso tre indizi fanno una prova) stia favorendo le università telematiche (escluse nel disegno originario) le quali, nell’alveo dei loro legittimi interessi (ci mancherebbe), hanno presto attivato le loro proposte.
Ci sembra che questa operazione si commenti da sola. Vogliamo però aggiungere qualcosa: il regalo alle università telematiche è a nostro avviso, avvalendoci ancora una volta della assai nota parabola, una fastidiosissima pagliuzza nell’occhio che, anche da sola, è in grado di causare una più seria
congiuntivite. Quella che rischia di passare inosservata, con conseguenze assai più gravi, però, è la trave che, fuor di metafora, concerne l’aver trasformato – ancora una volta – la formazione insegnanti nel cosiddetto mercato delle vacche.


Prima di concludere questo comunicato, il CTS Proteo Roma e Lazio non può tacere un’altra preoccupazione riguardo a un episodio di certo non avulso da quelle tensioni che minano l’idea stessa di una società come comunità educante, a cui, individualmente e collettivamente, ci sentiamo legati. Ci si riferisce ai gravi fatti di Pisa e alla reazione delle forze dell’ordine nei confronti di studentesse e studenti, moltissime/i minorenni, con il ricorso all’uso di manganelli su teste e corpi dei manifestanti, reazione apparsa sproporzionata a gran parte dell’opinione pubblica, ivi incluso il Presidente della Repubblica che ha sentito il dovere d’intervenire in merito. Un comunicato, quello del Presidente, apprezzabilissimo, affatto volto a screditare la Polizia (nella fattispecie), ma animato dal desiderio di restituire senso all’etimo stesso della locuzione con le quali questa forza e altre (Carabinieri, Guardia di Finanza) sono designate: dell’ordine. Il quale ordine, in democrazia, è tale se è finalizzato a garantire la libertà di espressione di tutte/i e non può mai e non deve mai essere inteso quale repressione di tale libertà, come purtroppo nel nostro Paese talvolta è avvenuto.
Ciò che sorprende, inoltre, è la reazione scomposta di diversi esponenti del Governo: dalle più morbide e prevedibili (con la riesumazione del classico pasoliniano dei poliziotti figli di poveri aggrediti da studenti figli dei radical chic di sinistra) a quelle più dure (come quelle della Presidenza del Consiglio) che hanno velatamente criticato Mattarella di aver fatto mancare, con le sue parole, un incondizionato sostegno istituzionale alle forze dell’ordine. Ovviamente, in seguito, tali critiche sono state ritrattate, appellandosi al sempreverde fraintendimento come efficace stratagemma comunicativo per sminuire le proprie affermazioni. Un cortocircuito che è bene non sottovalutare, considerando che in molte parti del Mondo, Europa compresa, la democrazia non sembra più essere qualcosa di scontato e neppure di assodato.
In un frangente come questo, coscienti del carattere strutturalmente in divenire della democrazia che, in occidente, si è sempre pensata come apertura al possibile, ci sembra necessario un forte richiamo alla
responsabilità di tutte e tutti, di ciascuna e ciascuno, affinché si mantenga un impegno comune volto a proseguire il consolidamento e l’ampliamento di una società inclusiva, nella quale l’educazione possa essere veicolo d’emancipazione individuale e collettivo.


Il CTS di Proteo Fare Sapere Roma e Lazio: Fabio Bocci, Antonino Titone, Rossana Assogna, Francesca Borruso, Carlo Cappa, Vincenzo Carbone, Cristiano Corsini , Giorgio Crescenza , Vanda Fontana, Eugenio Ghignoni, Antonella Isopi, Maria Grazia Lancellotti, Stefania Nirchi, Serenella Presutti, Christian Raimo, Vanessa Roghi, Tiziana Santoro, Tita Volpe.