Gli stipendi dei docenti italiani sono tra i più miseri al mondo

Tutti i dati - Ocse, Commissione UE, Conto annuale/Mef - convergono sulla gravità della condizione salariale dei docenti italiani. Quali misure concrete, al di là della propaganda, intende adottare il governo per modificare questa situazione?

Il recente report dell’Ocse “Education at a glance 2025”, che analizza un’ampia gamma di sistemi scolatici a livello europeo e mondiale, ha attestato in modo certo e incontrovertibile la grave situazione retributiva in cui versa la classe docente italiana.

Il confronto con i colleghi degli altri paesi è impietoso a prescindere dal grado di scuola in cui insegnano, tanto che i docenti italiani risultano in fondo alla graduatoria sia nella scuola primaria che secondaria inferiore e superiore.

Per una rappresentazione il più possibile sintetica sono stati utilizzati solo i dati Ocse relativi ai docenti del continente europeo e con 15 anni di carriera, condizione questa che rappresenta, con buona approssimazione, la situazione media della categoria.

Ebbene, dal report dell’Ocse risulta che nella scuola primaria (Tab.1) i docenti italiani hanno una retribuzione inferiore di 8.977 dollari (-18%) rispetto alla retribuzione media dei docenti in Europa (ai fini della comparazione tutti i valori degli stipendi sono espressi in dollari a parità di potere d’acquisto), ben al di sotto della retribuzione dei colleghi dei principali paesi europei come Germania (-70%), Spagna (-27%) e Francia (-23%).

Tab. 1

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Nella scuola secondaria di primo grado (scuola media) la differenza tra insegnanti italiani e retribuzione media europea è di 7.143 dollari ( -13,6%) (Tab. 2), mentre alle superiori di secondo grado la differenza è di 7.484 dollari (-13,8%), sempre al di sotto di paesi come Germania, Francia e Spagna (Tab.3)

Tab. 2

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Tab. 3

Tab.3

La distanza tra Italia e il resto d’Europa è ancora più evidente se gli stipendi – anziché in dollari – si comparano nella valuta corrente ovvero in euro. Emerge che tra tutti i pasi europei, per i quali il report dell’Ocse fornisce i dati in euro, l’Italia (con una retribuzione media di 32.892 euro) occupa le ultimissime posizioni (quint’ultima su 14 paesi), seguita solo da Portogallo, Lituania, Grecia e Slovacchia (Tab. 4).

Tab. 4

Tab.4

Che la condizione dei docenti in Italia sia molto grave per cui questa professione è sempre meno attrattiva in particolare verso le nuove generazioni ce lo dimostrano altri due dati.

Il primo riguarda il divario che distanzia la retribuzione dei docenti italiani rispetto a quella di altri lavoratori con il medesimo titolo di studio. Ebbene in Italia la differenza retributiva tra un docente di scuola media con titolo di laurea rispetto ad un altro lavoratore con stesso titolo di studio è di 1/3, ovvero il docente guadagna il 33% in meno.  Che i docenti siano pagati meno rispetto ad altre professioni a parità di titolo di studio succede anche in Europa ma la differenza si ferma, mediamente, al 13%, molto meno della metà rispetto al dato italiano.

Da ultimo, non è una novità che gli stipendi dei docenti italiani siano tra i più bassi nei confronti internazionali, senonché questa condizione anziché migliorare è andata peggiorando nel corso degli anni. I dati Ocse, infatti, evidenziano come solo negli ultimi anni, ovvero dal 2015 in poi, le retribuzioni dei docenti italiani abbiano perso il 5,6% del potere d’acquisto mentre in paesi come la Germania, la Francia e la Spagna le retribuzioni siano cresciute nonostante la crisi economica e le difficoltà conseguenti all’epidemia da covid abbia colpito tutti allo stesso modo (Tab.5).

Tab. 5

Tab.5

Questa differente situazione dei docenti nei diversi paesi dimostra che non si tratta di un caso ma di una precisa volontà politica da parte di chi governa, ovvero l’obiettivo è disinvestire nel sistema scolastico pubblico e penalizzare chi vi lavora per favorire altri interessi economici e sociali. È quanto, tra l’altro, trova evidente conferma nel recente report della Commissione UE (di cui abbiamo dato conto) da cui emerge come in Italia la spesa pubblica in istruzione sia molto inferiore rispetto agli altri paesi europei sia in relazione alla spesa pubblica totale (-2,3%) sia in rapporto al PIL (0,8%).

A questa penalizzazione che colpisce i docenti rispetto al resto d’Europa si aggiunge un’ulteriore disparità di trattamento a livello nazionale. Il personale del settore istruzione è il meno pagato rispetto a tutti gli altri lavoratori dei settori della Pubblica Amministrazione (ovvero ministeri, enti locali ecc). Infatti, secondo i dati del Conto Annuale/Mef (si veda la notizia) la retribuzione dei lavoratori del comparto Istruzione e ricerca è inferiore del 18,62% (meno 6.804 euro annui) rispetto alla media retributiva di tutta la PA.

Per concludere. La condizione retributiva dei docenti e più in generale del personale scolastico in Italia è drammatica. Chi afferma il contrario rispetto a quanto emerge dai dati delle più importanti agenzie nazionali ed internazionali o li ignora o mente (o, ancora peggio, li modifica artatamente come già avvenuto).

Per incrementare le retribuzioni del personale, e risalire qualche posizione nelle graduatorie internazionali, non serve la propaganda ma occorrono investimenti concreti a partire dal finanziamento per il rinnovo del contratto di lavoro 2022/24 ormai scaduto da tempo. E non basta certo quanto previsto dal governo, ovvero aumenti del 6% a fronte di un’inflazione nel triennio di oltre il 17%; così come non bastano le profferte del Ministro Valditara che spera di illudere la categoria con un’una tantum di ben 10 euro per 12 mesi, tra l’altro utilizzando risorse già destinate al personale e al sistema scolastico ma ancora non spese (DL 127/2025).

Non è forse arrivato il momento di sostituire i soliti pannicelli caldi con misure concrete? La prossima legge di bilancio rappresenta un’occasione dirimente per capire se a questo governo interessa migliorare concretamente le condizioni, economiche e professionali, dei lavoratori della scuola.

Sulla base di ciò la FLC CGIL valuterà ogni iniziativa utile a tutela del personale e in difesa della scuola pubblica.

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