La campagna nazionale “Miseria Ladra” promossa da Libera ha lanciato per sabato 17 ottobre,  in occasione della “Giornata Mondiale contro la povertà”, una mobilitazione nazionale contro le diseguaglianze sociali e la miseria, per rimettere al centro il diritto all’uguaglianza e alla dignità sancito dall’articolo 3 della nostra Costituzione.

Durante la giornata nell’assemblea di Roma al Teatro Ambra Jovinelli si sono susseguiti numerosissimi interventi, dall’intervento di Don Luigi Ciotti alla partecipazione di tantissime sigle compresa la FLC CGIL.

 

Riportiamo di seguito l’intervento del Segretario Generale della FLC CGIL Roma e Lazio,  Eugenio Ghignoni:

 

A tutti noi è evidente il nesso uguaglianza e conoscenza, tra lotta alle disuguaglianze e affermazione del diritto allo studio.

I dati che la crisi ci mette davanti sono chiari: tra i quattro milioni e mezzo di cittadine e cittadine che vivono in condizioni di povertà assoluta vi sono la maggioranza dei cittadini che hanno solo la licenza elementare e un terzo di coloro che hanno solo la licenza media.

Questo sta accadendo negli anni della crisi.

Ciò dovrebbe portare a nuovi e forti investimenti per il diritto alla studio, per la scuola pubblica e l’università.

Invece avviene il contrario, mentre la dispersione scolastica è tra le più alte d’Europa, il 17%.

Calano immatricolazioni e iscrizioni alle università, iniziano a diminuire, da questo anno, i laureati, già siamo agli ultimi posti, sfioriamo appena il 20% dei laureati, altro che il 40% come obiettivo per Europa 2020!

Siamo a poche centinaia di metri dall’università simbolo tra le Università Italiane, la più grande, la più conosciuta, cuore dei più grandi movimenti dal 68 di Valle Giulia.

Ma simbolo anche dell’abbandono degli studi universitari: da 150 mila studenti nel 2008 a poco più di 100 mila, una riduzione di quasi un terzo degli iscritti.

E i dati parlano chiaro, la riduzione è concentrata tra i fuori sede e gli studenti provenienti dagli istituti tecnici.

Stiamo tornando ad un’università di classe, non ci sono altri termini per definirla.

Nel momento, quindi, in cui più occorrerebbe tornare ad investire in conoscenza, scuola, università cosa fa il governo? Fa la scuola della disuguaglianza con la sua pessima legge.

Il movimento di contrasto alla legge che ha portato nelle piazze, con una straordinaria unità, tutto il mondo della scuola, di cui le nostre RSU sono state protagoniste, ha posto al centro due questioni. Il tema della libertà d’insegnamento, contro le chiamate dirette e i premi elargiti d’autorità, non contrattualizzati e senza criteri.

Ma anche il tema delle disuguaglianze :

400 euro di sgravi fiscali per chi manda i figli nella privata, tutte, non solo per la scuola dell’infanzia a cui oggi non riescono ad accedere tutte le bambine e i bambini, ( e non sarebbe comunque questa la soluzione ma piuttosto l’estensione dell’obbligo e la generalizzazione della scuola dell’infanzia) ma anche per i licei d’élite e per i diplomifici dove ci sono rette che vanno dagli 8 ai 30 mila euro.

E poi il 50% di credito d’imposta per i finanziamenti privati alle scuole – applicando appena un fondo di riequilibrio del 10%! – come se fosse sufficiente. Una legge che ammette che i finanziamenti pubblici da soli non possono garantire il funzionamento della scuola statale e che, di fatto, crea scuole di serie A e scuole di serie B.

Per tutte queste ragioni, perché la lotta per l’uguaglianza passa per la conoscenza e la realizzazione del diritto allo studio noi, come CGIL, da tempo vogliamo portare :

l’obbligo a 18 anni partendo dall’infanzia e una legge nazionale per il diritto allo studio che consenta a tutte e tutti, benché privi di mezzi, di accedere ai livelli più alti dell’istruzione, come è scritto nella nostra Costituzione.

Nella legge che, stravolgendo il significato delle parole, è stata definita della “ buona scuola” nulla c’è sull’obbligo a 18 anni, nulla c’è sull’orientamento agli studi universitari.

In legge stabilità ci sono le briciole…… mentre la vera manovra premia i ricchi e gli evasori, più che legge di stabilità bisognerebbe chiamarla legge della disuguaglianza.

I 600 milioni per i figli delle famiglie povere sono stati motivati dal presidente del Consiglio per diritto allo studio, dai 100 ai 400 euro, fino a 400 euro per le famiglie con più di 3 figli minori.

Ma se sono 270 mila le famiglie in condizioni di povertà assoluta con 3 figli e altre 140 mila con due figli, come è possibile pensare ad un’operazione credibile? Restringeranno le condizioni di accesso sulla base di una soglia di reddito inferiore a quella della povertà assoluta?

Altro che diritto allo studio! non si chiama diritto, si chiama elemosina!

E cosa propongono in stabilità per la scuola…niente. Assolutamente niente.

Dicono che hanno già investito, ma i 4 miliardi della legge sono un’invenzione!

Tanto che, dopo un giorno dall’esercizio sgrammaticato sulla lavagna del presidente del consiglio, erano diventati 3.

Hanno solo razionalizzato la spesa senza reintegrare i tagli dei precedenti governi e senza nuovi investimenti.

Ci hanno messo una parte dei soldi delle supplenze e messo in un unico fondo i diversi, e insufficienti, investimenti in edilizia scolastica fatti dai governi Berlusconi, Monti e Letta, per le scuole che crollano!

Nella precedente legge di stabilità, questo governo aveva tagliato i collaboratori scolastici e gli assistenti amministrativi e posto il divieto di sostituirli per una settimana.

Oggi in Italia non c’è un collaboratore per ogni plesso, non si possono aprire tutte le scuole e garantire la sicurezza a tutte le bambine e i bambini. E la Gelmini straparlava di un’Italia dove c’erano più “bidelli” che carabinieri, questi sono i risultati.

Hanno detto che era uno sbaglio, che avrebbero rimediato in stabilità. Niente. Altre menzogne, altri annunci vuoti.

E per l’università un piano straordinario di 1000 ricercatori a tempo determinato!!

Quando con il blocco del turn-over nelle università italiane si sono persi 20 mila docenti negli ultimi dieci anni e sono stati espulsi 50 mila precari dal 2010.

Non ci sono chiacchiere e annunci che tengano, vanno reintegrati i tagli di Tremonti a scuola e università e occorre superare quei livelli di investimento del 2008 per portare l’Italia ai livelli di investimenti in istruzione e ricerca del resto d’Europa!

Ma lottare contro i livelli di disuguaglianza raggiunti nel nostro Paese, lottare per il diritto allo studio e alla conoscenza, per l’educazione permanente anche per gli adulti perché così, di questo oggi, dovremmo ragionare, significa anche pensare ad una radicale trasformazione del nostro welfare: ci occorre un welfare universale.

Fin dal congresso del 2010 la FLC-CGIL ha posto nei suoi documenti congressuali l’obiettivo del reddito minimo garantito come uno strumento di sostegno al diritto allo studio, intrecciato con le politiche attive del lavoro, come supporto alla formazione permanente e all’inclusione lavorativa, come mezzo efficace di lotta alla precarietà e ai ricatti delle condizioni di lavoro più precarie e sottopagate, come supporto alle politiche di stabilizzazione e alla contrattazione inclusiva, infine come misura di contrasto alla povertà.

Dopo il 2010 abbiamo su questo sviluppato una campagna di iniziative, anche con assemblee e banchetti dentro i posti di lavoro, coniugando lotta per la stabilizzazione dei precari con l’obiettivo del reddito perché siano convinti che non siamo in contraddizione come, del resto, la storia del welfare nei paesi europei dimostra. Eppure, permettetemi su questo una considerazione, un sindacato come il nostro radicato nei posti di lavoro, che pratica da anni contrattazione inclusiva, che ha nella propria identità, tra i propri valori, il tema del lavoro, come, attraverso quale percorso arriva ad assumere tra i suoi obiettivi il reddito minimo, quello che oggi qui chiamiamo reddito di dignità con un richiamo, forte e giusto, alla costituzione?

Nel nostro paese, proprio contro i tagli all’istruzione e contro le leggi Gelmini si sono sviluppati due grandi movimenti giovanili: quello del 2008, l’Onda e quello del 2010, i due più grandi movimenti giovanili dagli anni 70.

Noi come Flc Cgil li abbiamo sostenuti e ne siamo stati parte. Ma come potevamo non misurarci con l’enormità della questione giovanile che emergeva da quei movimenti che nella loro radicalità asserivano “noi questa crisi non la paghiamo” e “ non rubateci, non ci ruberete il nostro futuro”!?

E quella radicalità alludeva a una revisione generale degli stessi parametri culturali che sorreggevano il nostro welfare lavoristico, la cui insufficienza è emersa ed emerge ogni giorno negli anni della crisi, e che noi come sindacato, come FLC, misuriamo ogni giorno nelle crisi aziendali dei settori privati della conoscenza.

Se non si coglie quel nesso tra conflitto, movimenti e obiettivi che da quel conflitto e quei movimenti emergevano, e le modalità di partecipazione della FLC a quei movimenti, non si comprende come un sindacato così radicato nella cultura del lavoro possa arrivare ad includere nel proprio programma l’obiettivo del reddito di dignità che oggi ci porta ad aderire a questa giornata e a questa campagna.

E mi avvio a concludere con un’ultima considerazione e una citazione.

La lotta alle disuguaglianze, ai livelli a cui sono giunti oggi, comporta l’idea di un welfare universalistico, ma se tra uguaglianza e conoscenza esiste un nesso inscindibile, questo nuovo welfare universalistico che radicalmente osiamo sognare nell’Europa e nell’Italia del neoliberismo, non può che essere anche un welfare della conoscenza perché senza conoscenza non c’è uguaglianza.

E come scriveva Lorenzo Milani e i suoi ragazzi dalla scuola di Barbiana in lettera a una professoressa:

alla fine delle elementari 11 ragazzi hanno già lasciato la scuola……

la scuola è aperta a tutti. Tutti i cittadini hanno diritto ad otto anni di scuola. Tutti i cittadini sono uguali.

Ma quegli 11 NO!

Due hanno uguaglianza 0. Per firmare fanno una croce. Uno ha un ottavo di uguaglianza. Sa firmare. Gli altri hanno 2, 3, 4, 5 ottavi di uguaglianza…”

Questo accadeva nelle scuole e nella società italiana fino agli anni 60.

Con tutte le nostre forze dobbiamo impegnarci perché ciò non accada mai più, contro il ritorno ad una scuola di classe, contro l’aumento delle disuguaglianze.