Si è concluso senza un’intesa il confronto tra il Ministero dell’Università e della Ricerca e le organizzazioni sindacali del comparto Istruzione e Ricerca in merito alla mobilità tra istituzioni AFAM per l’anno accademico 2025/2026.
Già lo scorso 23 maggio, il Ministero aveva presentato una proposta, giudicata insoddisfacente dai sindacati. Durante il nuovo incontro del 4 giugno, le sigle sindacali hanno ribadito una posizione comune, illustrata in un documento congiunto.
La Posizione Unitaria dei Sindacati
Le principali sigle del settore – CISL FSUR, FLC CGIL, UIL Scuola RUA, SNALS CONFSAL, GILDA UNAMS e ANIEF – hanno esaminato le proposte dell’Ufficio VI del MUR, esprimendo preoccupazione per le nuove modalità di mobilità introdotte dal DPR n. 83/2024. Dopo un’attenta analisi, le organizzazioni hanno sottolineato la necessità di un approccio graduale, ponendo l’attenzione su alcuni punti chiave:
- Rinviare di un anno l’applicazione delle nuove regole, posticipandone l’entrata in vigore all’anno accademico 2026/2027;
- Garantire le risorse economiche adeguate per procedere alle assunzioni a tempo indeterminato su tutti i posti vacanti, assicurando la copertura dell’intera pianta organica nazionale;
- Stabilire che i trasferimenti interni non incidano sul budget assunzionale delle sedi, trattandosi di spese già previste nel sistema AFAM.
Nessuna Apertura da Parte del Ministero
Il Ministero ha respinto tutte le richieste avanzate dalle sigle sindacali. Secondo l’amministrazione, le norme del DPR 83/2024 sarebbero autoapplicative, rendendo inutile un accordo sindacale per attivarle.
Una posizione ritenuta inaccettabile da FLC CGIL, che la definisce non solo poco rispettosa del ruolo sindacale, ma anche contraria alla normativa vigente. Infatti, l’art. 30, comma 2.2 del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che la contrattazione collettiva debba intervenire per definire criteri e modalità della mobilità, competenza ribadita anche nel CCNL del comparto Istruzione e Ricerca.
Una Situazione Paradossale
Ciò che si sta profilando – sostengono i sindacati – ha il sapore di una “commedia dell’assurdo”. Si va verso la quasi totale abolizione della mobilità tra istituti, nonostante l’intera pianta organica sia finanziata a livello nazionale. In altre parole, il trasferimento del personale da un’istituzione all’altra non comporterebbe costi aggiuntivi.
Conseguenze Gravi per i Lavoratori
Secondo i sindacati, la scelta di attivare queste nuove procedure senza un’intesa è fondata su presupposti falsi, ma avrà ripercussioni molto concrete: a pagare il prezzo saranno soprattutto quei lavoratori che si trovano in situazioni di particolare fragilità.