L’emergenza sanitaria in corso ha determinato lo stravolgimento della vita di ognuno di noi e anche, com’era inevitabile, della scuola e di tutti coloro che in essa vivono quotidianamente.

Un plauso va, quindi, a tutte le componenti scolastiche, che in questa difficile contingenza, cercano di svolgere al meglio la loro funzione.

Negli ultimi giorni, su impulso delle indicazioni del DPCM dell’8.3.2020, le scuole provano a cimentarsi con l’esigenza di mantenere la relazione educativa con gli allievi, attraverso la cosiddetta “didattica a distanza”.

La ricerca di modelli finalizzati a dare vita a tale forma di didattica, poco diffusa precedentemente, in una situazione emergenziale, deriva comunque più che da imposizioni normative o da diktat dirigenziali, dal profondo senso di responsabilità e dalla professionalità che contraddistinguono gli operatori scolastici.

Per evitare di sconfinare in un dibattito sterile e inconcludente, crediamo utile definire una cornice entro la quale possiamo sperare di ricollocare l’attività che le scuole cercano, con grandi difficoltà, di praticare.

In primo luogo, va precisato che non ci troviamo in un quadro di “sospensione” delle norme che regolano la vita della scuola ma che anzi, in un momento nel quale facilmente si può scivolare in pratiche inidonee e inopportune, è proprio a queste che dobbiamo richiamarci per garantire il rispetto uniforme di regole condivise e la qualità del servizio.

È per questo motivo che auspichiamo il diffondersi, come in molte scuole sta già avvenendo, di esperienze che abbiano come base fondamentale la condivisione delle scelte e dei percorsi da proporre e adottare.

Tale pratica risulta indispensabile anche per eliminare le disuguaglianze e le discriminazioni de facto che si stanno perpetuando ai danni di docenti e famiglie, in ordine a disparità di strumenti a disposizione e tempi di vita e di lavoro che amplificano le criticità insite nella “didattica a distanza” in questa situazione.

È auspicabile perciò che, in tale situazione, vengano messi da parte inopportuni e impraticabili atti unilaterali di dirigismo burocratico che, inevitabilmente, andrebbero a scontrarsi con il legittimo richiamo alle norme legislative e contrattuali esistenti da parte di tutta la comunità educante e che potrebbero portare all’pertura di contenziosi.

Nuovi modelli e pratiche di insegnamento, dettate dalle urgenze del momento particolare che stiamo vivendo, anche se collegialmente condivise, inoltre, non possono prescindere dal rispetto del principio della “libertà di insegnamento” che la Costituzione assegna ai docenti, ai quali, pertanto, spetta la scelta finale di strumenti, strategie e metodi di insegnamento e modelli e pratiche di valutazione.

In questo quadro i consigli di classe rivestono un ruolo decisivo nel mantenere l’aderenza al contesto concreto, ai reali livelli di apprendimento, alle problematiche specifiche e persino di conoscenza degli strumenti tecnologici e di contatto, delle competenze necessarie e delle disponibilità da parte degli alunni e delle famiglie per poter ricorrere a forme di didattica a distanza. Ciò nella consapevolezza che non tutte le aree della nostra regione dispongono della banda larga (e su questo da tempo crediamo che la Regione Lazio debba garantire la copertura completa dell’accesso alla rete su tutto il territorio), che non tutte le famiglie dispongono dei supporti informatici, che diverso è ragionare di scuole dell’infanzia e primaria e altro è ragionare di scuola secondaria di primo e secondo grado (peraltro in quest’ultima rimane il problema irrisolto della didattica laboratoriale e del peso che essa ha nei diversi percorsi formativi) e che nel segmento dell’infanzia e della primaria le bambine e i bambini hanno spesso bisogno del supporto diretto di un adulto per attivare procedure e software usati nella didattica a distanza.

Sarà opportuno in questo contesto utilizzare subito i fondi attribuiti alle scuole dal recente decreto per acquistare i supporti informatici da assegnare in comodato alle famiglie in difficoltà, comunicando capillarmente tale opportunità.

Per essere espliciti, riteniamo assolutamente inopportune, illegittime e anche controproducenti, disposizioni che impongano modalità comunicative, contenuti disciplinari, pratiche valutative quanto mai incerte nella loro legittimità, riscontri di presenze, verifiche di orari di attivazione delle attività degli insegnanti, che facciano riferimento all’organizzazione della didattica in presenza, limitandosi sostanzialmente “allinformatizzazione” della funzione docente.

Tutto questo finirebbe con il nuocere alla naturale e tradizionale ricerca di intelligenti e proficue modalità di interrelazione con gli allievi e le famiglie e trasformerebbe il rapporto docenti-alunni-famiglie nel mero espletamento di inefficaci pratiche burocratiche.

Al contrario riteniamo che, nei limiti delle condizioni date, le istituzioni scolastiche, nella loro diversità e pluralità e nella piena autonomia di analisi, ricerca e proposta, sappiano e possano continuare ad essere un punto di riferimento educativo per studenti e famiglie, anche nel difficile contesto che stiamo vivendo.

NOTA FLC CGIL ROMA E LAZIO